Dietro le etichette

 

La nostra mente è costantemente alla ricerca di ordine. Analizziamo e categorizziamo tutto e tutti. Per farlo, creiamo cassetti mentali che etichettano con cura.

 Arrogante... donna in carriera... Dottor Saputello... e così via.

 I nostri giudizi rapidi spesso non lasciano spazio a ciò che si rivela solo col tempo, se mai lo fa.

Forse rivaluteremmo l'etichetta mentale del “Dottor Saputello” se sapessimo che trascorre le sue vacanze in Sudafrica, dove insegna inglese gratuitamente ai bambini di comunità nomadi.

Perché siamo così ossessionati dal bisogno di catalogazione per valutare persone, cose e situazioni?

 

Forse ci aggrappiamo alla stabilità in una vita piena di incertezze. Eppure, il tentativo di creare ordine attraverso le etichette ci conduce spesso proprio in quel disorientamento che volevamo evitare. Il pensiero in compartimenti stagni genera realtà apparenti. Nel decidere cosa debba essere visibile, plasmiamo la percezione, senza prendere atto delle sue sfumature.

 

Forse è giunto il momento di abbandonare, passo dopo passo, questa etichettatura mentale.

Non si cambia da un giorno all'altro, ma potremmo iniziare ad assegnare alle nostre etichette mentali un valore meno stringente, perché meno aderiscono, più facilmente si lasciano rimuovere.

 

Non da ultimo, ciò che trasmettiamo con questi schemi di pensiero non é saggezza, ma maschere — e sono proprio queste maschere a togliere ai nostri discendenti la chiarezza con cui potrebbero andare incontro la vita.

Il loro comportamento futuro resta incerto, ma dovrebbero avere la libertà di esplorare il proprio pensiero… al di là delle nostre rigide categorie lasciategli in eredità!